Dalla piazza del Monte a piazzale Matteotti la scultura di Consagra ha cambiato completamente prospettiva di lettura. Là si trovava nel punto più alto della città, in una piazzetta piccola e raccolta che ne esaltava una lettura dal basso verso l’alto in cui era più evidente la sua qualità fisica fondamentale: l’esiguo  spessore che contrasta con il materiale solido ma ancor più con la sua grande dimensione, che infatti costituiscono le due parole che formano il titolo.

Qui la scultura si disperde in uno spazio ampissimo, appare quasi ribassata, e comunque perde la sua imponenza e non incide sulla lettura dello spazio circostante. Ancor peggio, essa è stata incastrata in un reticolo di mattoni bianchi che intendono ricordare che  poggia su una domus romana che dopo anni di scavi è stata completamente coperta e che oggi si vuole ricordare evidenziando il perimetro delle stanze che erano state rinvenute. Una targa assolutamente sproporzionata ricorda i benefattori dell’operazione di collocazione (salvandola da uno stato di abbandono, visto che nella precedente piazza era stata accantonata su un lato per lasciar spazio alle auto da parcheggiare), inducendo per un attimo l’errore di considerarla parte dell’opera.

Eppure in questa piazza dove si passa veloci e distratti è collocata l’opera di uno dei più importanti scultori italiani, insignito della medaglia d'oro come Benemerito della Cultura e dell'Arte dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, oltre che scultore, Consagra fu scrittore e critico, collaboratore di molte pubblicazioni d'arte. Per questo le sue parole sono sicuramente le migliori che possono sintetizzare il suo lavoro: «Esprimere il ritmo drammatico della vita di oggi con elementi plastici che dovrebbero essere la sintesi formale delle azioni dell'uomo a contatto con gli ingranaggi di questa società, dove è necessaria volontà, forza, ottimismo, semplicità, chiarezza».

 Il suo contributo all’arte contemporanea italiana nel dopoguerra è stato fondamentale, soprattutto quando ha affermato con forza la possibilità di essere “marxisti e formalisti”, cioè  di poter essere di sinistra senza dover aderire ad un’arte che declama e descrive dei principi e dei valori,  insieme al gruppo Forma 1.

La serie di incomprensioni sulla lettura dell’opera non la privano fortunatamente della sua bellezza e lo spazio è stato presto utilizzato come area di sosta di ragazzi che possono tener d’occhio il motorino parcheggiato proprio lì davanti.